L’attore siracusano Francesco Di Lorenzo, la sua vita, i suoi traguardi professionali e la sua Scuola di Teatro a Siracusa. Per la rubrica orgoglio siracusano.
Oggi per la rubrica orgoglio siracusano abbiamo il piacere di fare una chiacchierata con il nostro amico Francesco Di Lorenzo, siracusano Doc che ci racconterà di lui, della sua vita, della sua storia artistica e del legame che lo lega alla nostra città che lo ha condotto da qualche anno alla creazione della sua scuola di teatro a Siracusa, con dei corsi aperti a tutti, infatti i suoi laboratori di recitazione sono frequentatissimi dai 6 a 100 anni. Una fortuna ed un’opportunità per tutti noi siracusani che ci sentiamo attratti dal mondo della recitazione e vogliamo provare l’emozione del palcoscenico e in alcuni casi potrebbe essere anche un punto di partenza per una possibile carriera futura.
Sotto la locandina per chi fosse interessato a partecipare ad uno dei suoi corsi, chiamare per informarsi non costa nulla.
Dialogando con FRANCESCO DI LORENZO
“Quando mi capita di parlare in pubblico, soprattutto ai giovani, ribadisco sempre il concetto di non rinunciare mai ai sogni, i sogni sono vita, si possono anche seguire altre strade nella vita…ma non perdere di vista i propri obiettivi”
E’ il classico ragazzo della porta accanto, sempre disponibile al dialogo e pronto a scambiare una battuta.
Francesco è un siracusano doc, infatti della sua terra ha la passionalità e la giovialità nell’esprimere i concetti. Legatissimo alla sua Siracusa, lo incontro in una giornata di sole.
L’appuntamento è nel centro storico di Ortigia, un’isola dentro la città. Mi appare all’improvviso, con un grande sorriso sulle labbra. Gli argomenti si susseguono uno dietro l’altro, il diploma di ragioniere, i suoi inizi e l’emozione nel ricordo del papà scomparso prematuramente quando aveva 15 anni.
Inizia a studiare recitazione in una scuola privata a Catania, poi si trasferisce a Roma, dove continua gli studi artistici, passando attraverso maestri che lo formeranno come attore: Saro Miano e Piero Sammataro.
Iniziano poi le sue esperienze artistiche che, anno dopo anno, lo vedranno impegnato a fianco di artisti affermati, senza però trascurare la formazione che oltre sul campo, avviene anche attraverso numerosi stage e master, tra i quali quelli fatti con Michele Abbondanza del Piccolo Teatro di Milano, per culminare con il master di perfezionamento per attori, presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Nel 2002, con la partecipazione al film “A Lele il caso Scieri” per la regia di Giulio Reale, con Alessandro Preziosi, inizia la sua sfida come attore cinematografico. Da lì, si susseguono le esperienze televisive e cinematografiche, tra le quali ricordiamo: il Bell’Antonio, il Figlio della luna, Caravaggio, Raccontami Capitolo secondo, Provaci ancora Prof. 4, La Catturandi nel nome del Padre su RAIUNO ed il Capo dei Capi e Squadra Antimafia 5 su Canale 5, mentre al cinema lo ricordiamo interprete nel film di Krzysztof Zanussi “Il Sole Nero”, nel film “Se chiudi gli occhi” di Lisa Romano, nel film “Un milione di giorni” regia di Manuel Giliberti, nel film “I casi della vita” per la regia dell’indimenticato Corso Salani ed infine nel film di produzione canadese interamente girato in lingua inglese “The road to the lemon grove” per la regia di Dale Hildebrand . Nel contempo ha cercato di dare vita ad alcune produzioni indipendenti, riuscendo così a portare a compimento alcuni progetti di cortometraggio, come “Zagara e Cemento” per la regia di Paolo Ghezzi con la compartecipazione alla produzione del NUOVO IMAIE e del Comune di Noto. Fino a qui la storia, il curriculum che Francesco ha sin qui costruito con sacrificio e molta passione. Una vita vissuta intensamente, cercando di cogliere le emozioni del cuore.
Come nasce la tua passione per il teatro?
E’ nata quasi per caso. Ricordo che nel 1988, trasmettevo su una Radio Privata e registravo jeangle pubblicitari, ma la mia dizione non era affatto buona. Decisi allora di frequentare un corso di dizione per tentare di porvi rimedio. Durante le lezioni, l’insegnante mi disse che avrei dovuto provare a recitare…provai!!! E così che mi si spalancò un mondo, il classico colpo di fulmine e da allora è un amore, una passione che non mi ha più abbandonato. Iniziai a studiare recitazione, ad amare la drammaturgia, a perdermi e a ritrovarmi nelle emozioni.
La famiglia ha accettato la tua scelta di intraprendere questo viaggio nel mondo dell’arte?
Mi posso considerare fortunato perché ho sempre avuto l’appoggio e il sostegno della famiglia. Poi tra l’altro fino a quando ho avuto la fortuna di avere mio padre a fianco, sono cresciuto con l’arte in casa, lui era un violinista bravissimo. Mai una volta comunque la mia famiglia mi è stata di intralcio, anzi direi che spesso è stata la prima a darmi una pacca sulle spalle davanti le delusioni, dandomi la forza di non abbandonare mai questa strada.
Come è avvenuto il tuo esordio?
Mi tocca dover fare un bel balzo indietro. Scherzando e ridendo son passati ormai 32 anni . Era un piccolo teatrino, non rammento nemmeno il nome. Era una messa in scena ironica, con sketch di Achille Campanile. Ricordo tanta paura di entrare in scena ed il cuore che batteva a mille, cosa che per fortuna succede anche adesso, con le dovute differenze naturalmente e guai se finisse il batticuore dell’ingresso in scena.
La tua carriera, strada facendo, ha avuto momenti difficili?
Tanti, come tutti credo!!! Questo è un mondo che fagocita con una velocità impressionante le proprie “prede”. E’ un mondo che affascina, che intriga, che ammalia e dopo ti butta nel cestino. Solo chi ha la vera passione, solo chi ha il fuoco dell’arte che brucia dentro, riesce a sopportare i momenti difficili.
Quale momento del tuo percorso artistico ricordi con più affetto?
Fammi pensare….!! Si… L’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Purtroppo non ho frequentato il triennio classico, ma solo un periodo di perfezionamento. Il mio più grande rammarico è non aver potuto frequentare per intero l’Accademia Nazionale, ma quel periodo di perfezionamento mi ha lasciato un segno indelebile. Forse perché ho incontrato durante quel percorso dei colleghi che poi sono diventati dei grandi amici, dai quali ho ricevuto tanto in termini sia umani che professionali o forse semplicemente perché ho avuto la possibilità di studiare in un luogo “sacro” per il teatro…chi lo sa!!!
C’è qualcosa che avresti voluto fare e che ancora non hai fatto?
Tante, tantissime cose non ho ancora fatto e vorrei fare…e spero di riuscirci prima o poi. Artisticamente ho in serbo un progetto a cui tengo tantissimo. Io credo che il Teatro abbia l’importantissima funzione sociale di parlare alla gente, di raccontare le verità della vita, attraverso la finzione, la messa in scena….questo è un teatro che mi appassiona più di tutto, il teatro di denuncia, il teatro sociale. Già da quasi dieci anni porto in giro un monologo sulla distruzione di Marina di Melilli, tratto da un romanzo di Roselina Salemi “Il nome di Marina”, sulla lotta all’inquinamento, sulla memoria e sull’importanza di salvaguardare l’ambiente e la natura. Oggi sento forte un nuovo progetto che spero riesca a partire al più presto sulla narrazione dei fatti e sulla vita di Paolo Borsellino, anche in virtù degli ultimi risvolti che il processo sulla trattativa Stato/mafia ha avuto…insomma ho voglia di raccontare in teatro l’eroe Paolo Borsellino. E poi dulcis in fundo, mi piacerebbe un giorno aprire un Teatro a Siracusa, un teatro tutto mio. Credo che finirei come Novecento, il protagonista del film “La leggenda del pianista sull’Oceano”, tutto il mio mondo potrebbe inizia re e finire li dentro…(sorride mentre lo dice)
Fino ad oggi quale ruolo interpretato ti ha lasciato più il segno?
In un modo o nell’altro, tutti i personaggi lasciano un segno, a volte piccolo a volte ben marcato. Ma ce ne sono due che non posso fare a meno di citare. Uno è il protagonista del monologo di cui ti parlavo prima, “Un uomo qualunque”. Un uomo che ha lottato con tutte le sue forze per la difesa della sua terra, per difendere ciò che è un bene primario per tutti noi, l’aria, la salute pubblica. La sua lotta contro il grande bluff che negli anni 60/70 fu chiamato “Progresso” portatore di ricchezza, e che invece si rivelò e si rivela tutt’oggi un “Progresso” portatore di morte e distruzione, fu estenuante e fatale allo steso tempo. Lui aveva capito subito che quel “Progresso” era uno specchietto per le allodole e pagò con la vita, questa sua voglia di giustizia. Un altro è Tom, il protagonista maschile dello “Zoo di Vetro” di Tennesse Williams. Forse in me c’è molto di Tom ed avergli dato vita attraverso le parole ed i gesti, è come se Francesco avesse avuto la possibilità di raccontare una parte di se stesso. Quella parte che mi ha permesso di andare sempre fuori ciò che veniva fatto solo perché era giusto fare. Francesco è un po’ Tom, che insegue un sogno, ma che spesso ha dovuto fare altro (ho persino lavorato in una raffineria di zolfo tanti anni fa, ma questo non lo scrivere) pur di tenere accesa la fiamma ed illuminare la strada maestra.
Quando mi capita di parlare in pubblico, soprattutto ai giovani, ribadisco sempre il concetto, che poi è la caratteristica principale di Tom, ovvero di non rinunciare mai ai sogni…i sogni sono vita, si possono anche seguire altre strade nella vita…ma non perdere mai di vista i propri sogni e i propri obiettivi. Questo è Tom…questo è Francesco, ecco perché mi sono legato a lui.
Un grande uomo di Teatro chi è stato o chi è secondo te?
Non so quanti lo conoscono come fama o come attore. Un grande è stato il maestro Piero Sammataro. Un attore che abbiamo avuto la fortuna di avere nella vicina Catania per tanti anni, fino al giorno purtroppo in cui ci ha lasciati. Il maestro Sammataro ha lavorato per 30 anni con Giorgio Strehler al Piccolo di Milano, poi con Gassman, con Turi Ferro e con tanti altri nomi del teatro italiano. Quando ho avuto la fortuna di lavorare con lui, non è stato solo interpretare un personaggio al suo fianco, ma è stato molto ma molto di più. Con lui ho respirato il Teatro, ho respirato la vera essenza di chi lo ha vissuto da grande interprete, lo respiri a tal punto da viverlo, gustarlo sentirlo sulla pelle. Un’emozione indimenticabile. Un altro grande attore con cui ho avuto il piacere di lavorare è stato Massimo De Francovich proprio quest’anno nella tragedia Edipo a Colono, messa in scena quest’anno dall’INDA per il 54° ciclo di spettacoli classici. Mi incantavo a vederne la maestria, il fascino scenico che un attore del suo livello riusciva a dare sia durante le prove che durante le repliche. Sono esperienze che non puoi spiegare…ma viverle ti garantisco sono meravigliose.
Oggi, molti giovani, tentano la via del successo. A parer tuo, cosa ci vuole per diventare un ottimo attore?
Chiariamo una cosa. La via del successo, spesso, non è sinonimo dell’essere bravo attore e viceversa. La TV, purtroppo, propina stereotipi di sedicenti attori che raggiungono il successo attraverso programmi ridicoli e fuorvianti, attraverso strade e scorciatoie. Allora, se i giovani cercano solo il successo ed hanno i requisiti fisici, possono tranquillamente partecipare ai vari programmini di quarto livello e rimanere però dei mediocri attori di successo. Se invece il loro fine ultimo è quello di diventare bravi attori, a prescindere dai requisiti fisici…beh, allora bisogna studiare, studiare, studiare e sudare, sudare, sudare…e non arrendersi mai!!! Se un giorno ci sarà il giusto equilibrio tra impegno, abnegazione , passione e…fortuna, allora avremo di fronte dei giovani ed ottimi attori di successo.
Quindi credi che un attore debba avere anche fortuna per sfondare?
Si, tanta…ma come dicevo prima, non è l’unico componente. Bisogna essere pronti per quando la fortuna bussa, anche perché almeno una volta la dea dovrà passare da quelle parti. Se in quel preciso istante si è impreparati la fortuna serve a ben poco, ma se la base è solida, fatta di tanto studio, tanti sacrifici, tanta preparazione e tanta passione, quando bussa arriva il bello.
I tuoi successi, i tuoi sacrifici, il tuo sudore, a chi vengono dedicati?
Ho pensato tante volte a chi dedicare i miei sacrifici e sempre ho la stessa reazione, ovvero abbasso lo sguardo e gli occhi mi luccicano di emozione. Ora ti racconto una storia… Ogni volta, prima di entrare in scena o di iniziare un’avventura davanti la macchina da presa, penso e spero sempre che li davanti ci siano le persone a me care che non ho più: i miei genitori e mia sorella. Li immagino seduti in prima fila, spettatori d’eccezione, fieri di quell’impegno e quell’amore che metto in ciò che faccio. Per anni ho dedicato ogni applauso, ogni singola goccia di sudore, ogni sacrificio, ogni lacrima a loro. Ti dirò, continuo a farlo tutt’oggi, cosciente però che la dedica più grande va a mio figlio che è il futuro, che è la vita che continua, che è il vero motivo di ogni sacrificio.
E’ stata una bella chiacchierata, ed ho imparato che fare l’attore non è solo interpretare un personaggio, ma è viverlo sulla pelle, questa è stata la sensazione che ho avuto incontrando Francesco. Emozioni di un attore che superano di gran lunga quelle che arrivano al pubblico, anche se comunque forti ugualmente quelle che vengono percepite in platea. Entrare nei pensieri e nell’intimo di un attore ha arricchito chi del teatro è appassionato, come spettatore, come me.
A. Valenti