Siracusa CORONAVIRUS, raccontiamo la storia di una coppia a cui viene negata la quarantena volontaria, obbligando il marito al rientro a lavoro.
Quella che vi racconto è una storia vera, anzi verissima. Per chi ci conosce, sa quanto ci teniamo alla verità e su questo argomento la cosa vale tripla. Questa storia ci preoccupa e ci fa riflettere.
Una coppia siracusana trascorre il peridoto del carnevale, una decina di giorni in tutto, tra una zona vicino Bergamo (ad una quindicina di chilometri) e due giorni a Venezia. Durante il soggiorno scoppia il caso Coronavirus. Responsabilmente la coppia rientrando aveva deciso di mettersi in quarantena volontaria, informa il proprio medico curante il quale consiglia la quarantena e si mette a disposizione e il marito informa il lavoro specificando tutti gli spostamenti, il marito lavora in una struttura statale.
La moglie inizia la quarantena volontaria ma al marito viene detto che deve rientrare a lavoro, il marito anche se non convinto rientra a lavoro. A lavoro gli dicono che potrebbe mettersi in malattia ma non legata al Coronavirus in quanto non certificabile, (per cui dovrebbe inventarsi una malattia?) oppure chiedere 12 giorni di ferie (cosa che chiaramente non trova giusta e sopratutto senza preavviso non erano nemmeno certi che gliele avrebbero potute concedere).
Nel posto di lavoro non si premurano nemmeno di effettuare delle visite mediche e non gli chiedono nessuna certificazione medica. Nella sua stessa situazione in quel posto di lavoro, anche se con storie diverse, ci sono altre persone. Tutto questo avviene meno di una settimana fa.
Questa è la storia, di cui siamo certissimi al 100%. Ma che senso ha tutto questo? Che senso ha poi decidere di chiudere le scuole ma non “obbligare un dipendente a starsi a casa” sopratutto quando questo ha espresso la volontà di farlo? Che senso ha che uno Stato ti dice di volerti tutelare ma non lo fa con i propri dipendenti?
Al 99% queste due persone sono sanissime, ma potrebbero non esserlo, che danno potrebbe fare questa persona in un posto di lavoro i cui sta a contatto con tanti colleghi (per fortuna non con il pubblico)?
Non commenterò questo articolo, non credo che abbia bisogno di commenti.
S. Bellio